Negli ultimi trent’anni un numero crescente di ricerche ha dimostrato l’esistenza della retrocausalità: situazioni nelle quali le cause sono collocate nel futuro e l’informazione si muove a ritroso nel tempo. Le dimostrazioni più famose di retrocausalità sono state prodotte da:

  • PEAR (Princeton Engineering Anomalies Research) che, studiando l’interazione mente/macchina, ha dimostrato la possibilità di modificare l’andamento di generatori di numeri causali con la semplice intenzionalità (Jahn e Dunne 2005). In questi esperimenti l’interazione anomala mente-macchina risulta essere più marcata nella modalità retrocausale PRP (Precognitive Remote Perception), raggiungendo una significatività (rischio di errore) di p=0,000002 (Nelson 1988).
  • Cognitive Science Laboratory che, studiando stimoli fortemente emotivi, ha scoperto l’esistenza di una riposta cutanea anticipata di 3 secondi (James 2003), con significatività statistica (rischio di errore) di p=0,00054.
  • Radin e Bierman (1997), i quali dimostrano che la risposta anticipata del sistema nervoso autonomo e la conduzione cutanea possono essere utilizzati come predittori di esperienze future.
  • Parkhomtchouck (2002) che utilizza la fMRI (functional magnetic resonance imaging) per studiare la retrocausalità.

Tutte queste ricerche hanno mostrato che le emozioni costituiscono il veicolo principe della retrocausalità e delle informazioni che provengono dal futuro. Alle stesse conclusioni era giunto Luigi Fantappiè quando, nel 1942, trovò il collegamento tra soluzione negativa dell’equazione di Dirac, sintropia ed emozioni. Il matematico Chris King lega la retrocausalità al libero arbitrio e afferma che in ogni momento la vita deve scegliere tra le informazioni che provengono dal passato e le informazioni che provengono dal futuro. Secondo King, da questa attività costante di scelta, da questo indeterminismo di base, nasce l’apprendimento e la coscienza. King sottolinea che la coscienza soggettiva è una necessaria conseguenza della supercausalità che nasce dall’unione della casualità ordinaria con la retrocausalità (King 2003). Egli propone un modello fondato sull’interpretazione transazionale della meccanica quantistica (proposto per la prima volta dal fisico americano John G. Cramer nel 1986). In questo modello si afferma che gli oggetti quantistici si trovano costantemente di fronte a delle biforcazioni, dovute a determinate quantità d’informazione, provenienti sia dal passato che dal futuro e che possono essere superate unicamente operando delle scelte. King ricorda i lavori di J.C.Eccles, Penrose ed Hameroff che dimostrano l’esistenza di strutture quantistiche nei sistemi viventi ed arriva così ad ipotizzare che gli stessi sistemi viventi siano influenzati non soltanto dalla causalità, ma anche dalla retrocausalità (una condizione questa, ossia l’unione della causalità ordinaria con la retrocausalità, che prende il nome di supercausalità). Ciò porrebbe i sistemi viventi in uno stato costante di scelta che, secondo King, è una caratteristica comune a tutti i livelli dell’organizzazione biologica (dalle molecole fino alle macrostrutture). Dal momento che le unità fondamentali di un organismo biologico agirebbero ognuna in base al libero arbitrio e dal momento che gli esiti di questo libero processo di scelta non sono determinabili a priori, il sistema stesso dovrebbe manifestare costantemente, dinamiche caotiche e sfuggire così ad un approccio di studio puramente deterministico. Il tutto ovviamente poggia sul principio di indeterminazione di Heisenberg, che in nessun modo, attraverso tali ipotesi e teorie, risulta essere compromesso; anzi, esso assume maggior valore ed emerge ancora più “vincente” di prima.

Occorre quindi considerare l’ipotesi della retrocausalità, come una sorta di “valore aggiunto” alla meccanica quantistica, che ne rafforza sostanzialmente il principio d’indeterminazione e ne amplifica la complessità su vari livelli; dove il processo di scambio informazionale (passato-presente-futuro), raggiunge la sua massima estensione, attraverso la nostra e probabilmente altre dimensioni dello spazio-tempo. Nel campo della fisica quantistica, risale a circa dieci anni fa (ottobre 2012), la notizia apparsa su Science che due diversi esperimenti hanno dimostrato, sfruttando il fenomeno quantistico dell’entanglement, che il comportamento particellare oppure ondulatorio di un fotone già rivelato può essere determinato con una successiva misurazione su un secondo fotone, entangled con il primo, con un’apparente retroattività che mostra ancora una volta la natura paradossale della meccanica quantistica. Tali esperimenti descrivono la possibilità di realizzare un “procrastinatore quantistico”, che permette, in un contesto assolutamente specifico, di rimandare la decisione sulla rivelazione di una particella. I due esperimenti di procrastinazione quantistica ritardano di soli pochi nanosecondi la scelta di esibire un comportamento particellare od ondulatorio; ma se si potesse realizzare una memoria quantistica in cui immagazzinare l’entanglement, la decisione potrebbe essere presa anche il giorno dopo! A questo punto però la domanda fondamentale che in molti si saranno posti è la seguente: “Ma come può una determinata quantità di informazione, provenire dal futuro (definendone così in anticipo degli eventi non ancora verificatisi nella realtà), se tutto evolve dal presente verso il futuro, in modo caotico, sulla base del principio di indeterminazione?”. Ebbene a mio avviso, tale informazione rappresenta semplicemente un “potenziale futuro”, le cui probabilità di realizzazione sono estremamente alte, ma che non raggiungono mai il 100%. Un “sensitivo” dunque, in grado di percepire tale informazione proveniente dal futuro, nel momento stesso in cui la acquisisce, potrebbe mutare radicalmente (grazie al libero arbitrio) alcune sue scelte personali relative a determinate decisioni o azioni da intraprendere nell’immediato futuro; in una simile evenienza quindi, se prima vi era ad esempio il 98% di probabilità che un determinato evento si concretizzasse (a favore o a sfavore del soggetto in questione), dopo l’acquisizione a livello intuitivo (probabilmente inconscio) di tale informazione (relativa al futuro), le probabilità che un tale evento si possa verificare materialmente (andando ad influire direttamente sulla vita del “sensitivo”), potrebbero scendere significativamente (se l’evento del futuro, è sfavorevole al soggetto in questione e quindi preferibilmente evitabile). In parole povere, in un caso simile, il destino del soggetto in questione non sarebbe ineluttabile, ma potrebbe subire costantemente, col tempo, molteplici mutamenti! Tutto dipenderebbe da quanta credibilità il “sensitivo”, darebbe alle sue intuizioni (oppure alle sue visioni o ai suoi “sogni premonitori”), e dal modo ovviamente in cui riuscirebbe ad interpretare (talvolta decodificando delle vere e proprie metafore linguistiche o visive) tali “messaggi tutelanti” legati ad uno o più potenziali eventi negativi del suo futuro. Qualcuno forse a questo punto ricorderà l’attore Tom Selleck, quando impersonava l’investigatore privato Thomas Magnum nella serie televisiva degli anni ’80, Magnum P.I.; il quale, quando si trovava coinvolto in eventi che avrebbero potuto mettere a rischio la sua incolumità (oppure quando si trovava in difficoltà nel dover compiere una scelta importante relativa alla sua vita o a quella di persone a lui care), in determinati momenti in cui poteva tranquillamente riflettere con sé stesso, iniziava sempre i suoi atti meditativi con la seguente espressione (non verbalizzata): “Eppure una vocina mi diceva che…”. Ebbene io sono dell’idea che a questo mondo siano milioni, le persone in grado di percepire quella vocina; ma dubito fortemente che la maggioranza di tali persone, la ascolti seriamente ed agisca quindi di conseguenza.

Fausto Intilla, 22 gennaio 2021

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