Secondo i teologi, ogni essere umano, a differenza di tutte le altre specie animali, possiede un’anima; quest’ultima secondo costoro, è paragonabile ad una sorta di “energia” inosservabile, inquantificabile e soprattutto inestinguibile che ogni essere umano possiede durante la propria vita terrena e, essendo inestinguibile, anche dopo la morte. Essa è quindi considerata, sempre secondo i teologi, come una sorta di energia che pervade il nostro corpo (taluni invece credono che essa sia concentrata unicamente nel cervello) capace, nel momento in cui decediamo (ossia quando il nostro elettroencefalogramma si presenta piatto e quindi non vi è più alcuna attività neuronale) di dissociarsi dal corpo e di continuare ad esistere eternamente in un mondo “spirituale”, parallelo al nostro. Tale forma di “energia” viene inoltre considerata, secondo la religione cristiana e molte altre religioni, colei che consente alla vita di manifestarsi come tale, in parole povere: Essa è la Vita. Ogni essere umano quindi, viene considerato come una specie di macchina il cui carburante in questo caso prende il nome di: “Anima”; senza la quale essa (la macchina) non potrebbe muoversi, non potrebbe interagire con l’ambiente in cui vive e quindi, per dirla banalmente, non potrebbe vivere. In ultima analisi quindi, l’anima può “vivere” senza un corpo umano, ma un corpo umano non potrebbe essere vitale senza un’anima.
Quando si arriva al concetto di anima, la visione meccanicistica della vita (in questo caso riferita al singolo essere umano), è riscontrabile in quasi tutte le religioni (quasi a voler testimoniare che l’uomo, sin dalla notte dei tempi, non ha mai voluto accettare l’idea di dover prima o poi, con la morte, scomparire definitivamente nel nulla); anche se alcune di esse, come il Buddhismo, lo Zen, il Tao e in genere tutte le religioni orientali, sembrerebbero divergere nel modo più assoluto dalla visione meccanicistica della vita, del Mondo e dell’intero Universo. Tutte queste religioni o filosofie di vita infatti non seguono, gli schemi classici e per ora naturali del pensiero umano in cui quest’ultimo, si ritrova costantemente intrappolato e in lotta continua con le solite strutture binarie (proprie di ogni specie animale ancor giovane); ma tale contrasto con l’usuale modello di pensiero umano, lo si riscontra unicamente su un piano in cui vengono considerati gli aspetti globali dell’intera esistenza.
La teologia, ammette quindi l’esistenza di due forme di anima: una “terrena” (che è quella che ci consente di vivere, poiché essa è la vita e ci accompagna fino alla morte), fusa nel modo più assoluto e indissociabile con corpo e mente; e una “extracorporea”, ossia quella che nel momento in cui decediamo, si dissocia dal nostro corpo per poi continuare ad esistere in eterno in un mondo extrafisico. Analizziamo ora il concetto di anima terrena, associata al corpo di ogni essere umano durante tutta la sua vita, con quanto viene comunemente ritenuto in ambito scientifico sul manifestarsi della vita. Sembrerebbe quasi incredibile, ma in questo caso la scienza ci propone una visione assolutamente sistemica della vita di un singolo essere umano. Analizziamo il seguente assunto medico: “Nel momento in cui un essere vivente animale non presenta più alcuna attività a livello neuronale e quindi il suo elettroencefalogramma ci appare piatto, lo si può definire clinicamente morto”.
In termini scientifici quindi, l’anima si potrebbe definire come una sorta di energia psichica prodotta dall’attività dei neurotrasmettitori nel cervello. Nel modo in cui una determinata quantità di lavoro meccanico, si trasforma (produce) in una determinata quantità di energia calorica, così una determinata quantità di lavoro cerebrale o neuronale, si trasforma (produce) in una determinata quantità di energia psichica. “Nulla si crea e nulla si distrugge, tutto si trasforma”, avrebbe detto Lavoisier.
Essa quindi può esistere (anima o “energia psichica”, che dir si voglia), solo ed esclusivamente durante l’attività neuronale; nel momento in cui quest’ultima dovesse cessare, qualsiasi forma di energia psichica (frutto di un’attività neuronale e inconcepibile come entità indipendente e auto-organizzantesi, poiché tutto è correlato al Tutto) si dissiperebbe immediatamente nell’ambiente circostante; ovvero si trasformerebbe immediatamente, interagendo e quindi divenendo parte dell’ ambiente circostante. È ormai da molti secoli che l’uomo sta cercando di dare una spiegazione, soprattutto abusando di termini scientifici, al concetto di anima e in special modo a quella extracorporea. Sovente, nel tentare di dare una spiegazione a tutti i costi a tale concetto assai delicato che da parecchi millenni è caro ad ogni essere umano, si commette quell’imperdonabile errore, di usare dei termini scientifici per spiegare qualcosa che non ha nulla a che vedere con la realtà fisica in cui noi viviamo. Ciò che comunemente sentiamo dire o leggiamo a proposito dell’anima umana, è che essa sia una sorta di “energia psichica inestinguibile”, o di sfera energetica auto-organizzantesi…energia, energia, energia…
Generalmente i sostenitori dell’”anima energetica”, ci parlano di quest’ultima come di qualcosa di etereo, inosservabile dalla nostra realtà fisica ma comunque, paradossalmente, in stretta correlazione con essa; usufruendo (ma forse sarebbe meglio dire abusando) del termine “energia”, ogni qualvolta tentano di definire questa eterna sopravvivenza oltre la vita. Ammettere l’esistenza di una qualsivoglia forma di energia, che non sia essenzialmente il frutto della trasformazione di un’altra forma di energia, sarebbe come voler ammettere che in natura possano esistere, sparse qua e là nello spazio, delle “sfere di energia calorica”, auto-organizzantesi e inestinguibili; il che andrebbe contro tutte le leggi e i principi della termodinamica, i quali sono degli assunti, che vengono presi per buoni finché non si verifica sperimentalmente una contraddizione. La forma più moderna con cui è definito il Secondo Principio della Termodinamica è la seguente:
”È estremamente improbabile (non a priori impossibile) che il calore passi spontaneamente da un corpo più freddo ad un corpo più caldo”. Infatti persino l’energia psichica si potrebbe definire come la trasformazione di una parte di ogni singolo neurotrasmettitore, in una altra forma di energia; se è vero che E=mc^2, ogni neurotrasmettitore non rappresenta nient’altro che una forma complessa di energia. Persino l’uomo rappresenta sostanzialmente una forma complessa di energia (auto-organizzantesi ma non per questo inestinguibile); calcolando che in 1 kg di massa sono “racchiusi” qualcosa come venticinque miliardi di kWh di energia, lascio al lettore fare il calcolo di quanta energia rappresenti un uomo che pesi circa settanta kg.
Se vogliamo immaginare che l’uomo abbia davvero un’anima che si dissoci dal corpo dopo la morte (accettando quindi ciò che William Blake circa duecento anni fa ebbe a dire, ovvero: “Tutto ciò che possa essere creduto, è un’immagine della realtà”), dobbiamo accettare anche il fatto che essa non potrà mai e poi mai rivelarsi nella realtà fisica in cui noi viviamo; e mai potrà essere osservata o rilevata con strumenti fisici (appartenenti alla nostra realtà, ovviamente).
Uno dei concetti più fondamentali, nel mondo della fisica, scaturì dalla mente di Albert Einstein agli inizi del secolo scorso; tale concetto, che emerse dalla legge della Relatività Ristretta (esposta in un celebre articolo del 1905), dichiarava semplicemente quella che sarebbe presto divenuta la dicotomia più famosa al mondo, ovvero: l’equivalenza di massa ed energia (espressa con l’indimenticabile formula “E=mc^2”). Ciò che si arrivò a comprendere quindi, indubbiamente non con poche difficoltà a livello di “pura intuizione”, fu appunto questa sostanziale uguaglianza tra il concetto di massa e quello di energia. La massa, andava quindi considerata solo ed esclusivamente come una forma complessa di energia. Di certo non fu facile per i fisici di un tempo, familiarizzarsi subito con questa nuova e straordinaria visione della realtà; di fatto occorsero parecchi anni, affinché gradualmente nel mondo accademico venisse pienamente accettata questa nuova “corrente di pensiero”. Una svolta decisiva a favore di questo nuovo paradigma, la diedero indubbiamente i due scienziati tedeschi Otto Hahn e Fritz Strassmann, quando nel dicembre del 1938, scoprirono la fissione nucleare. Bombardando l’Uranio con neutroni, scoprirono fra i prodotti di reazione alcuni elementi di numero di massa intermedio, come il Bario radioattivo, la cui presenza inizialmente era inspiegabile. Nel 1939, Lise Meitner e Otto Frisch, annunciarono la soluzione di questo enigma. Queste scoperte diedero quindi ad Einstein la conferma dell’equivalenza di massa ed energia, ben 34 anni dopo che egli l’ebbe prevista!
Sono trascorsi più di ottant’anni, a partire da quel lontano 1939, e da allora sino ad oggi si può dire che la nostra visione della realtà, poggi ancora saldamente le sue basi sulla famosa equazione di Einstein (“E=mc^2”) e su ciò che sostanzialmente essa ci porta a considerare, ovvero: massa ed energia sono la stessa e identica cosa, ma con aspetti diversi e quindi, per ragioni di praticità, definite con nomi diversi.
In questi ultimi anni, grazie anche alle innumerevoli nuove scoperte nel campo della computazione quantistica, molti fisici hanno però iniziato a porsi anche la seguente domanda: Ma se la massa non è nient’altro che una forma complessa di energia, volendo andare oltre, in ultima analisi, quale sarebbe il “costituente fondamentale” dell’energia? Ebbene una risposta a questa domanda, potrebbe essere la seguente:
L’Energia non è nient’altro che una forma complessa di Informazione; per cui il costituente fondamentale dell’Energia, altro non è che Informazione nel suo stato fondamentale.
Ma cerchiamo di capire i motivi che mi hanno spinto a formulare questa affermazione, e soprattutto di individuare le basi su cui poggia tale ipotesi. Verso gli inizi degli anni cinquanta, l’ingegnere e matematico americano Claude Elwood Shannon, gettò le basi teoriche di quella che sarebbe stata entro pochi anni riconosciuta come la: Teoria dell’Informazione. Uno degli aspetti più curiosi ed interessanti che emerse da tale teoria, fu la stretta correlazione tra l’entropia termodinamica e quella invece relativa all’Informazione di un sistema dato. In parole povere, ciò che in ultima analisi si arrivò a comprendere, è che per qualsiasi aumento di entropia termodinamica, corrisponde una perdita di Informazione su un dato sistema, e viceversa.
L’unità di misura di una determinata quantità di Informazione, è espressa con il termine bit. Ora, per fare un esempio, se noi portiamo un dato sistema ad una temperatura prossima allo zero assoluto, la sua entropia diminuirà sino a valori pressoché nulli, e di conseguenza il suo “livello” di Informazione tenderà al massimo consentito.
A questo punto, compiendo alcuni semplici ragionamenti analogici, viene da porsi le seguenti domande: Ma se con l’aumentare dell’entropia di un sistema, è riscontrabile contemporaneamente anche una perdita della quantità di energia (calore) di tale sistema, ed oltre a ciò abbiamo parallelamente anche una perdita di Informazione sempre riferita al sistema in questione, quest’ultima, non potrebbe essere associata-legata alla quantità di energia (calore) che si disperde nell’ambiente circostante a causa del secondo principio della termodinamica? E se così fosse, in che modo sarebbe ad essa legata? Qual è la sottile linea di confine tra un bit di Informazione e un elettronvolt di energia? Ma stiamo parlando di due cose differenti (bit ed elettronvolt), oppure della stessa identica cosa, ma con aspetti differenti (come nel caso dell’equivalenza di massa ed energia)?
E se alla fine scoprissimo che bit ed elettronvolt rappresentano semplicemente due tipi di unità di misura, con cui possiamo definire il concetto fondamentale di Energia? Bè, allora sarebbe lecito chiedersi: Ma quante migliaia, milioni oppure miliardi di bit occorrono per costituire un singolo elettronvolt (o Joule) di energia?
Non dimentichiamoci del fatto che nell’Equazione di Schrödinger la funzione d’onda descrive un’ampiezza di probabilità, e nessuno ci impedisce di sostituire/ridefinire tale ampiezza (P) con una determinata quantità di Informazione (I)![1]
Si consideri un corpo qualsiasi dotato di una certa massa; se noi aumentiamo la temperatura (T) di tale corpo, avremmo un flusso di energia (E) che dal corpo in questione si sposta nell’ambiente ad esso circostante. Il corpo quindi giustamente perderà una determinata quantità di Informazione (I) e ci apparirà come un sistema dotato di una notevole entropia; l’informazione che il corpo perderà però, si sposterà semplicemente nell’ambiente ad esso circostante, aumentandone l’Informazione. A partire dunque da questa premessa, l’unico fatto importante che emerge, è che noi non potremmo mai misurare-osservare quella parte di “informazione in eccesso“, rispetto al sistema di riferimento: [oggetto]-[ambiente ad esso circostante]; per il fatto che essa rimarrebbe sempre fuori da qualsiasi corpo o sistema entropico termodinamico di riferimento (nel quale noi stessi saremmo ovviamente costretti a compiere la misurazione).
Non è da escludersi quindi che tale “informazione in eccesso”, possa andare a confluire in una o più dimensioni nascoste, previste nella Teoria delle Stringhe. Contrariamente invece, nel caso in cui diminuissimo la temperatura (T) di tale corpo, andremmo a rallentare il flusso di energia (E) che dal corpo si sposta nell’ambiente ad esso circostante. A temperature prossime allo zero assoluto, il flusso di energia sarebbe pressoché nullo; in questo caso l’Informazione(I) non avrebbe alcun modo di passare dal corpo in questione all’ambiente ad esso circostante. Il corpo quindi disporrebbe della quantità massima consentita di Informazione.
Riflettiamo un attimino su questa domanda: Nel momento in cui un sistema perde una determinata quantità di Informazione, questo cosa comporterebbe, forse che tale informazione, essendo legata all’energia (calore) durante il processo entropico, debba anch’essa disperdersi nell’ambiente circostante sino a “dissolversi” completamente?
Se così fosse avremmo a che fare con due “campi di informazione dinamica” della stessa intensità, in grado di interagire tra loro, di fondersi l’uno con l’altro, e infine di “dissolversi” nell’ambiente circostante al sistema considerato. Ma così non è, fortunatamente.
Si tenga presente che per campo d’informazione dinamica, intendo semplicemente una quantità di informazione in grado di muoversi nello spazio e nelle dimensioni, auto-organizzantesi e costante nel tempo, ossia che non segue assolutamente il secondo principio della termodinamica (principio entropico). E quindi per questo motivo, praticamente eterna.
Un “campo di Informazione dinamica”, costituito da una determinata quantità di bit di Informazione, entro certi limiti di intensità, non potrà mai andare a costituire un singolo elettronvolt o Joule di energia. Ragion per cui, esso stesso (non potendo interagire con il resto dell’energia del sistema, molto più intensa e misurabile con strumenti fisici poiché in grado di interagire con i diversi campi elettromagnetici del sistema in questione), rimane sempre indipendente da qualsiasi processo entropico termodinamico.
La cosa più importante che possiamo dedurre da queste ultime considerazioni, è che un “campo di informazione dinamica” che rientri entro certi limiti di intensità, non è vincolato da alcun tipo di processo entropico termodinamico. Ne segue a volte l’andamento, ma non è soggetto ad alcuna interferenza di campo. Esso è quindi in grado di auto-organizzarsi, ossia di mantenere costante e regolare la sua struttura nel tempo, senza alcuna interferenza da parte dei comuni campi di energia che vanno a costituire l’ambiente del sistema considerato. Inoltre, esso sarà in grado di fondersi con altri campi di informazione dinamica della stessa intensità, e quindi di accrescere la sua estensione nello spazio, ma non necessariamente il suo livello di intensità.
Ed ora andiamo a scoprire cosa ha a che fare tutto ciò che vi ho esposto sinora, con il concetto di Anima.
La mente umana, come ben sappiamo, produce un determinato campo magnetico nell’ordine delle decine di femtoTesla (1 fT = 10^–15 T). Questo campo, lo dobbiamo semplicemente alla nostra attività cerebrale. Già allo stato fetale, ossia pochi mesi prima della nostra nascita, il nostro cervello, grazie alla sua costante attività, produce un campo di informazione dinamica che dal momento in cui veniamo al mondo, continua negli anni a farsi sempre più intenso, sino a raggiungere un determinato limite. Ora è assolutamente necessario che vi sia ben chiara una cosa: il campo di informazione dinamica prodotto dall’attività cerebrale e quello elettromagnetico (molto più intenso, che potremmo definire “di scarto”, poiché non è nient’altro che il risultato del lavoro che compie il nostro cervello in attività, per produrre i nostri “pensieri”, i quali in ultima analisi vanno a costituire il nostro campo di informazione dinamica), sono due cose ben diverse e non interagiscono l’una con l’altra! Se proprio vogliamo, possiamo identificare il campo di informazione dinamica del nostro cervello, come una sorta di “risonanza” del campo magnetico dovuto all’attività cerebrale (molto più intenso e quindi misurabile con strumenti fisici).
A questo punto è fondamentale chiarire che:
La nostra coscienza trae origine dal campo magnetico/elettromagnetico del cervello; mentre la nostra Anima, intesa come campo di informazione dinamica, è semplicemente la “risonanza” del campo magnetico/elettromagnetico del cervello. In sostanza dunque, è la parte imponderabile (non misurabile con strumenti fisici) della nostra coscienza; auto-organizzantesi ed eterna.
Su scale prossime alla lunghezza di Planck, spazio e tempo perdono qualsiasi significato fisico; per tale ragione anche il concetto stesso di energia risente di tale condizione (non dimentichiamoci che in natura non può esistere alcuno spazio “vuoto di campo”, ossia di energia; tanto è vero che persino il vuoto quantistico, sia esso il falso o il vero vuoto, è in ogni caso colmo di particelle virtuali – Feynman docet).
Un campo di Informazione dinamica, va quindi a definire-costituire quella parte della realtà del tutto imponderabile e inosservabile con strumenti fisici, poiché al di sotto di quel limite definito dalla lunghezza di Planck[2]. Per questo motivo quindi, qualsiasi tipo di “risonanza” che prendesse forma o scaturisse da determinate onde cerebrali, ponendosi al di sotto della soglia di Planck, sarebbe indipendente da qualsiasi forma di interazione con il mondo subnucleare (formato da quark, gluoni e via dicendo). Come abbiamo precedentemente visto, un campo di informazione dinamica è in grado di auto-organizzarsi; ossia di mantenere costante e regolare la sua struttura nel tempo, senza alcuna interferenza da parte dei comuni campi di energia che vanno a costituire l’ambiente del sistema considerato [in questo caso: (mente umana) – (ambiente ad essa circostante)].
Ecco quindi in quali termini potremmo intendere il concetto di Anima; ovvero, essa è da considerarsi un particolare tipo di campo di informazione dinamica, in grado di dissociarsi dal corpo fisico che lo “ospita”, nel momento in cui non vi sono più i presupposti per poter rimanere legato alla propria sorgente elettromagnetica (attività cerebrale). Affermare quindi che l’Anima non “muore” mai, è quindi in linea di principio del tutto corretto. Affermare che gli animali (oltre alla specie umana) hanno un’Anima, anche in questo caso è in linea di principio corretto.
Tutte queste ipotesi e considerazioni, sono a mio avviso totalmente in accordo e “affini” alla teoria di Rupert Sheldrake sui campi morfogenetici, a quella di Richard Dawkins sulla Trasmissione dei Memi (memetica), e infine a quella di Carl Gustav Jung sull’Inconscio collettivo. Nella “scienza ortodossa”, tutto il discorso sull’interazione tra Entropia termodinamica e Informazione, risulta valido solo ed esclusivamente su sistemi isolati (chiusi e aperti) in cui è presente un osservatore in grado di interagire con il sistema considerato e quindi di rilevare-calcolare tutto ciò che accade all’interno del sistema stesso (di cui egli fa parte). Questa condizione è quindi l’unica che ci è consentito di conoscere, sulla base della quale siamo in grado di misurare-calcolare ogni passaggio di stato dell’energia, con rispettivi livelli di entropia (termodinamica e dell’Informazione) e quantità di Informazione.
Da questo assunto, si arriva quindi alla seguente conclusione:
Per qualsiasi osservatore che si trovi all’interno di un sistema termodinamico, è assolutamente impossibile misurare-calcolare un’eventuale quantità di Informazione che si sposti o si trovi al di fuori del proprio sistema di riferimento. Nell’ipotesi a Molti Mondi di Hugh Everett III come del resto anche in diverse formulazioni della Teoria delle Stringhe, tutte queste mie considerazioni trovano sicuramente terreno fertile.
Le parole che riporterò qui di seguito, sono del fisico Frank J.Tipler:
“Tutte le entità presenti nell’Universo attuale, codificano una quantità di informazione di gran lunga inferiore alla quantità permessa dalla teoria quantistica dei campi. Per esempio, se un atomo di idrogeno dovesse codificare tutta l’informazione che gli è consentita dal limite di Bekenstein, potrebbe codificare circa 4 x 10^6 bit di informazione (…) Quindi un atomo di idrogeno potrebbe codificare all’incirca un megabyte di informazione, mentre di norma codifica molto meno di un bit. La massa dell’idrogeno non viene di certo utilizzata in modo efficiente! Se si assume che il raggio sia quello di un protone (R= 10^-13 cm), la quantità di informazione codificabile nel protone è costituita da soli 44 bit! Questo valore è davvero piccolo rispetto alla complessità del protone (tre quark valenza, innumerevoli quark e gluoni virtuali) che è di fatto tanto complesso che non siamo ancora riusciti a calcolarne lo stato di base dai principi fondamentali utilizzando il Modello Standard, anche utilizzando i supercomputer più avanzati!“
Rimanendo saldamente ancorati ai modelli relativistici standard (di spazio, tempo ed energia), senza cercare di andare un attimino oltre a questo concetto di realtà, abbracciando magari l’idea di un Universo a più dimensioni (Teoria delle Stringhe/ Interpretazione a Molti Mondi), difficilmente riusciremo a fare qualche passo avanti nella comprensione di tutto ciò che attualmente accantoniamo nel mondo della fantascienza e del paranormale.
Concludo questa analisi con un invito a riflettere su questa citazione di Basil Hiley (fisico britannico e coautore del libro di David Bohm: “L’Universo indivisibile”):
“Ciò che David Bohm ed io abbiamo ipotizzato, è che il potenziale quantistico sia in realtà un potenziale d’informazione, e per questo abbiamo introdotto il concetto di “informazione attiva”. Ero molto preoccupato per l’uso della parola “informazione” perché chiunque avrebbe pensato immediatamente all’informazione di Shannon. L’informazione di Shannon non è informazione, è solo capacità di informazione, separata dal significato. Il punto cruciale è stato quello d’introdurre un significato, ciò che per la particella è l’informazione”. Basil Hiley
Note:
[1] Qualche spunto di riflessione, in relazione ad un eventuale/potenziale cambiamento di paradigma, ci è stato offerto da due esperimenti compiuti nel 2000 alle Università di Berkeley e Rochester, con degli interferometri laser. Questi esperimenti dimostrarono che l’Informazione è in grado di controllare l’interferenza quantistica e molto probabilmente anche la stessa funzione d’onda! Gli interessanti “esperimenti mentali” che emersero da tali premesse, si proposero di reinterpretare il collasso della funzione d’onda quantistica, solo attraverso il concetto stesso di Informazione! Ciò che infine veniva messo in risalto, da tali premesse e considerazioni, era la possibile esistenza in natura, di una legge di “conservazione dell’Informazione”. Delle recenti versioni (forti) dei teoremi di No-cloning e No-deleting (nell’ambito dell’Informazione quantistica), suggerirebbero inoltre l’esistenza, in natura, di tale “conservazione informazionale”. A tutt’oggi comunque, una simile legge della fisica, mai nessuno è riuscito a dimostrarla.
[2] Per la scienza, possono esistere delle particelle virtuali, ossia quelle che potremmo definire i costituenti fondamentali del vuoto quantistico. E qui siamo già, se vogliamo usare un termine popolare, nel campo dell’ “immateriale”. Per cui per la scienza, può esistere qualcosa di immateriale, non costituita da materia. Ciò che occorre capire, per andare avanti nel discorso, è che per lunghezze prossime alla scala di Planck, è difficile stabilire cosa è “ponderabile” e cosa invece non lo è. Occorre capire quindi come potrebbe prendere forma la realtà, se le dimensioni extra della Teoria delle Stringhe esistessero realmente e avessero delle “qualità proprie”. Non è da escludersi quindi che, al di sotto della scala di Planck, possano sussistere dei fenomeni strettamente legati ad altre dimensioni dello spazio-tempo (tanto più che si ritiene, in base a recenti analisi, che le informazioni non vanno perdute al di sotto della scala di Planck!). Dire quindi che le informazioni non vanno perdute, equivale a dire che un “campo di informazione dinamica” al di sotto della scala di Planck, può tranquillamente esistere! Se a questo punto noi associamo il concetto di Anima, a quello di un campo di informazione dinamica, ci accorgiamo che tutto collima e che quindi anche ciò che non potremo mai osservare con comuni strumenti fisici, può teoricamente esistere!
Fausto Intilla
L’articolo originale del 31.08.2009, si trova sul blog: “Verso una nuova scienza di confine“; ed è direttamente raggiungibile cliccando sul seguente hyperlink: www.oloscience.blogspot.com
Per il download dell’articolo in formato PDF, clicca QUI.