Già… perché compriamo un libro? Fino a qualche anno fa se si voleva leggere non c’era alternativa: bisognava entrare in una libreria e acquistarne uno.
Oppure andare in biblioteca e prenderlo in prestito. Si aveva in mano un oggetto, un corpo che poi si metteva fisicamente in un posto: su uno scaffale, dentro un mobile, per terra sulla pila costituita da altri libri. Ben diverso da oggi, quando spesso per trovare un testo abbiamo bisogno di scuotere il nostro Kindle o un tablet e aspettare che da qualche parte si materializzi il titolo. Ma allora questo vuol dire che la tecnologia ha fatto dell’acquisto del libro un acquisto inutile? La riflessione ce la suggerisce il New Yorker con un articolo di Ian Crouch. La risposta, a mio avviso è “no”, non è affatto inutile. E la motivazione si nasconde nel favoloso concetto di “libertà”. Nel suo articolo Crouch illustra le nuove applicazioni progettate per gli smartphone che consentono anche con 9,95 dollari al mese di avere accesso illimitato a tutti i libri e di condividerli con i propri contatti sui social network (come Oyster, per esempio). E se non si trova il testo ambito sono subito pronte a consigliarti qualcosa di simile o di affine. Addirittura quando si legge sullo smartphone c’è un counter che indica approssimativamente quanti minuti servono per terminare la lettura del capitolo. Al di là degli interrogativi che ci siamo posti spesso anche qui, sull’impatto di queste nuove realtà sulla vecchia editoria e soprattutto sulle biblioteche locali, sugli scrittori e sulle librerie tradizionali, la domanda da porsi è: ma che esperienza di lettura vogliamo noi? Torniamo al tema della fisicità e al corpo a corpo del lettore con un testo di carta, tema che se vogliamo possiamo riassumere con la libertà e la possibilità di fare del libro quello che vogliamo.
Lasciarlo intonso, perfetto, pulito. Oppure sporcarlo, scriverci con una matita, con una penna, evidenziarlo, piegarne gli angoli, sbatterlo sul pavimento, lasciarlo bagnare sotto qualche goccia di pioggia che ci coglie impreparati nel nostro bar all’aperto mentre leggiamo… Liberi. Di trattarlo a modo nostro. Senza che nessuno ci renda complicato capire quando finisce un capitolo o quante pagine manchino, senza che nessuno ci renda macchinoso appuntare i propri pensieri, senza che ci sia bisogno di tornare al menù iniziale per saltare da un capitolo all’altro in modo artificioso, senza che per prestarlo si debbano passare codici o inviare email. Liberi. Di tenerlo tra le dita. È solo uno dei tanti motivi per i quali acquistare un libro non è un “acquisto inutile”. Ma già questo, a mio avviso, non è poco.
Storia del libro
Dall’invenzione nel 1456 della stampa a caratteri mobili di Gutenberg, per più di quattro secoli l’unico vero medium di massa è stata la «parola stampata». La scrittura è la condizione per l’esistenza del testo e del libro. La scrittura, un sistema di segni durevoli che permette di trasmettere e conservare le informazioni, ha cominciato a svilupparsi tra il VII e il IV millennio a.C. in forma di simboli mnemonici diventati poi un sistema di ideogrammi o pittogrammi attraverso la semplificazione. Le più antiche forme di scrittura conosciute erano quindi principalmente logografiche. In seguito è emersa la scrittura sillabica e alfabetica (o segmentale). (…) Fonte: Wikipedia (scopri di più).
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